CESARE ESARE per Maggio 6, 1795. SESSIONE XIX. alcuni giorni pativa di sordità, e desiderava, come faceva desiderare anche e noi, per l' inconvenienza che recava, di consultare l'oracolo per un rimedio; onde Astratto che fu, gli proposi, Per la tua sordità si richiede il rimedio? E si mise a scrivere colla mano manca Bisogna Onde l'arrestai: Perchè, il dissi, scrivi colla mano manca? l'affare anderà in lungo. Onde presi il lapis, e glielo riposi nella destra mano, e allora col solito comodo, si rimise a scrivere. Di tanta soavità non potevo io stesso abbassar la mano dritta: per questo volevo scrivere colla sinistra per avvisarti che mi distaccasti il braccio destro. Cosa singolare, dopo che mi magnitisi mai non ero stato così rapito; quasi incantato! Per sapere il medicamento delle mie orecchie, bisogna che aspetti sette incirca otto minuti, che deve venire in questa valle uno che non ho visto ancora, con un altro che mi avviserà di diverse cose necessarie. Quello che m'insegna il male e che mi spiega il rimedio, è il genio che t'insegnò a guarir il dolor delle reni: per altro non mi vuol dire il suo nome: è bello assai! cinto di un coturno blò: Mi dice che per guarire dalla sordità, devo fare due vermi tanto quanto grosso è il buco dell' orecchia: la matteria sarà la pece nera che usano comunemente li calzolai; che sia però netta: devo prendere queste forme di verigole e ponerle nelle orecchie: queste attraeranno tutta la cattiva deposizione, e sarò guarito in breve. Quel altro che è in sua compagnia è tutto coperto, non lo vedo in viso: mi dice però che si scuoprirà un giorno quando vivcrò tutto per me. Uno se ne va assai giolivo. L'altro in breve mi parlerà. Che bella voce! Veramente simili accenti credo che la Sibilla Cumana intese mai. La prima cosa che mi avverte si è E poi la seconda E poi la terza▬▬▬▬▬▬▬▬▬ · Nota. I quali avvertimenti non essendo che per correggere certi falli che nel copiare da una scrittura appena leggibile si erano fatti, non si copiano più qui; onde si seguita l'ordine. Tutti questi falli ora corretti non furono per nostra causa ma la maladetta Invidia che sempre si vuol mischiare in tutto per frastornare la purità della mente. Ora all' opposto di tutti li altri genj, in luoco di partire in linea retta, comincia inalzarsi: Egli, prima di allontanarsi, mi schiarirà quelli versi incominciati, e poi quando ritornerà fra noi non so; quello che son certo si è, che col tempo ci scuoprirà dei preziosi arcani. Traduzione dei versi dalla lingua litterale Greca: Oh fiamme, amale fiamme! O sacri accenti Oh giusti Dei! che ingannatrice scene Quando verrà la Fortuna, il Genio suo mi farà meglio scuoprire quello che non ho veduto l'altra sera. Questi versi si chiamano Capitolo. Per ultime parole mi dice, che quando tu scrivi egli è quasi sempre a te vicino: egli presiede alle bell' arti. Mi dice che un giorno saprai il suo nome, quando vivrai lontano dagli umani disturbi che sempre confondono la deliziosa armonia dell'anima. Egli ti diede tutti quelli avvertimenti, perchè vidde che tu ti affatichi a mettere con tanta candidezza d'animo, l'opere preziose magnetiche in pulito; onde, per non ridurti a rifarle un' altra volta si compiacque di avvertirti per via dell' oracolo. Non lo vedo quasi più. Porta con lui tutta la melodia, la soavità del mio riposo.-Svegliami. Si deve notare in questo luoco, che il Genio coperto fu quello che corresse tutti i falli, e tutti quelli che si sono fatti in seguito. Mentrecchè il poeta, fuor del sonno magnetico, o non poteva o non voleva profferire una sola correzione. Si avverte ancora che tutte le correzioni, come in questa ordinate, sono state pontualmente eseguite, e che tutto è già, come ora si legge dal principio nell' ordine prescritto. Avevevammo veramente bisogno della mano maestra per correggere i falli, che ben sensibilmente saltavano all' occhio del lettore; ma che o non si sapeva, o non si osava, da noi stessi intraprenderne la correzione. E vero altresi, che se mai per caso mancasse qualche parola, o che per la troppa confusione della scrittura, non ne si poteva raccappezzare il senso, faceva d' faceva d'uopo ricorrere indispensabilmente alla sorgente stessa per averne una elucidazione, mentrecchè per noi era il pensarci una vera delusione. Maggio 14, 1795. SESSIONE XX. DAL giorno 6, giorno dell' ultima Sessione, sin' oggi, 14 Maggio, mi sentivo di tanto in tanto, e specialmente al dì nono, d' una consolazione indicibile, ma senza saperne la cagione. Cesare badava a dirmi, Non sò da cosa provenga, ma ti vedo d'una contentezza d'angelo. Volevo sempre andare in Sessione, e pure sempre da qualche diavolo impedito. Mi sentivo sempre impellere, e sempre da un altro canto, contrastato: fin oggi non è stato caso di riuscire. Oggi pero trovandoci d'accordo, Astratto che fu, il proposi, La cagione della mia insolita contentezza nei giorni passati? Pareva estremamente conturbato, ma poi prese il lapis, e scrisse In quel luoco dove sta la lume, deve starci uno. Onde devi muoverla in un angolo della camera, (Li dissi, Senza lume non si va avanti.) uno è in un tubo che cangia sito: l'altro va addietro alla tua candela, non lo posso scuoprire se non allontani questa lume. (L'allontanai, ma poco, perchè per aver l'occhio sopra la carta, dovevo vedere) Se non allontani la lume non lo posso vedere. (L'allontanai di più) Ora s'approssima a misura che allontani la candela. Egli è il coperto. Io temo che se non cambij lume che io sarò burlato. |