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fondo, e in meta della schiera vi è uno che somiglia a te con una mitra in testa: i due nomi scritti vicini sono

Flamminius pater omnibus

Baldvinus progenitum suum coronat
Opus.

Vi sono ancora altri nomi, ma per ora non li scorgo bene. Negli altri angoli da quello che vedo, passeggiano tutti gli eroi della vetusta etade in compartite schiere: fra gli altri veggio Socrate, come è contento! vicino vi è Solone, Licurgo, Catone, Massinissa, Omero, Alcibiade, per-sino Romulo, ed appresso di lui Numa Pompilio, Tarquinio Prisco, Camillo, Junio Bruto, e poi tutto quello che rinchiudea Roma feconda di eroi in seno.

Scipione e Cesare sono insieme: Annibale e Pompeo: ora si riscontrano. Che cose divine! L' ara già si consuma : privo ormai son io di un sì maestoso aspetto: commincia ad oscurarsi nell' centro solo un velo s' inalza. Che lettere d'oro che caratteri-che coro l' accompagnano mentre si scuopre !

Lo scritto dice che quel luoco che viddi è il tempio dell' Eternità: per un' altra volta, se sarò meritevole, la Tua mi ci condurrà per ora mi fece vedere solo qualche cosa per mostrarmi a che segno la nostra felicità anderà crescendo a misura che accrescerà la nostra concordia: e se in caso per cagione dei nostri vani capriccj quella mancasse, ci resterà in cangio un più crudo rimorso.

Ella non mi parla, ma mi fa bensì capire che è in colera con noi : in segno di che, da quella picciola che lei cuopri col

suo próprio velo, mi detterà le seguenti Ottave, ma solamente

il fine delle dessinenze delle rimé.

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Ora mi volta gli omeri. Solo in un immenso spazio, senza pietà mi lascia: pria che il tutto cangia destami.

(Nota. Subito che nascevano delle questioni tra noi, subito se ne rissentivano gli effetti, come anche nella Sessione presente. Ecco di nuovo delle Ottave sviscerate per mortificarci del nostro

poco ritegno nel trattare insieme gli affari benchè d'un interesse alieno al magnatismo. Si riconosce che ogni dimostrazione di discordia tra di noi, porta interruzione all' armonia che conviene alle opere magnetiche; e che fà d' uopo per non incorrere in questi tali sconcerti in avvenire, schivare le contese di ogni sorte: rispettarsi reciprocamente, e così con pace.

SESSIONE XXXII.

CESARE astratto, scrisse

Venti sei corone di fiori no ma ninfe, che all' occhio mio per quanto veder mai puole, l' aria circonda: cinque discendono: Eccole, che visi angelici! tre le seguono, che innocenza! Uno suona: egli da un lato ha ghirlande di fiori, e dal altro tiene cinque catene; che generoso aspetto! egli non parla ma verso di me se n' viene: par che sia contento: egli tace: che suggezzione! egli teme: che pensi, a me indagar non lice. Egli mi consola: ora si cuopre: Miseri sensi miei, perchè immortali non siete per seguirlo!

Una semplice nubbe da questi mi divide; ma uno mi trattiene: egli mi consola: che fragore! molto si avvicina: che morbidezza! Commincia schiarirsi: che splendore! quanti colli! Commincio scuoprire, donna mi pare! fra cento ben popolati d'alberi monticelli: vigorosa-di tre lustri appena: lucido il suo raggio s'avvicina: Non m'inganno, è dessa! Altre volte la viddi: ella è in bianca veste: che serietà!

Ora per mezzo d' uno che li sta sotto al piede destro, a sua. presenza tratto son' io: che grazie! Potrei ingannarmi, ma dall' aspetto, benchè abbia mutate spoglie, mi sembra quella che mi condusse al tempio dell' Eternità.

Ora si scuopre che mansuetudine! tre la circondano ed altri non più: uno ha l'aquila in petto, l' altro la civetta sull'

crine, e il terzo con una colomba n mano: tutti tre concordi li formano un ameno circo.

Un altro piccolo bambino biondo di aspetto, poco longi da lei pargoletto se n'viene: a misura che lui si approssima io sono nel centro: che cose incomprensibili ! basta, ad elevarmi al par di loro non voglio-di vederli mi basta.

Quel loro tacer speranza mi dona: non m'inganno, la preside se n' viene. Numi, quanto è ilare! Eccola semplicetta! Il purpureo labbro suo a mia mercè scioglier commincia: che bella voce! Veramente è dessa; sì, Agnese di me non si sdegna! è un poco severa, ma nel tempo stesso compi acente: ora mi parla: che voce divina! così mi dice:

Miseri voi, dopo tante mie fatiche per concentrarvi insieme; combattuti dall' Invidia; nonostante, mercè le mie cure vi salvai! La Gelosia fa di voi un bersaglio, ed io rimediare non saprei. Comminciavo con voi respirar quella delizia che fra pochi lustri dobbiamo nell' empireo lido respirare consolati insieme: quando, oimè, povere mie cure: vane mic fatiche: Baldvino è indomito: Cesare è troppo ardito nel difendere uno scherzo innocente: uno è reo, e l' altro per troppo ardire è colpevole. Ecco il perchè

Dopo della preziosa Sessioue de' mattutini albori, in luoco di concentrarvi in voi, e rallegrarvi di così non communi a tutti preziose visite; al domani appena vi degnasti di leggerla Come se il ciclo fosse all' uomo soggetto! pieni d'orgoglio! come se fosse un obbligazione di scender dal mio circo e che per compiacervi dovessi vivere a voi soggetta! Poveri ambiziosi: quante vane pretensioni! Veramente in

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