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TIME DAFNI.

(canta.)

Quel Zeffir tranquillo
Che mormorar io sento

È già cangiato in vento
E più Zeffir non è
Come augellin che leme
Dello sparvier l'artiglio
Fuggir vorrei l'insidie
Sento il vicin periglio
E pur non sò dov' è.

Quello che mi guidò vuol andarsene. Egli mi attrae: tante delizie lasciar, che, come, e dove lo seguirò non sò.

Egli scioglie la lingua con de' teneri accenti: tutto quello che vedesti è un nullo a paragon di quello che scorger dovrai. Vedi quel pastor che siede, con quello della cetra? Egli è amato da me; da quelle due ninfe. Non lungi di quà vi è un centro di delizie: non di ricchezze ma di vaghe colline; di mansueti armenti, delli biondi messi; degli arboscelli; acque che dividono gli erbosi prati; una società d'innocenti pastori, ove respira in seno a quella serena solitudine l'aura di pace. In quel luoco il pastor Melibeo deve esser guidato: vi saranno quelle due ninfe che vedesti: ve ne sarà un' altra: insieme a quella il buon vecchio: ma come guidarlo per ora non sò.

Vedi quello chiamato Cilonio, con quelli altri tre! sono venuti apposta per involare, o con promesse o con inganni, il pastor Melibeo che siede sotto l'olmo accanto al poeta :dunque per ora a riposar t' invito, e un' altra Sessione il tutto saprai. Mi dice che Erinnia è un mentito nome, la quale

tiene un altro: Egeria parimente. Timi Dafni solo il vero nome porta. Melibeo neppure il suo proprio nome non è: Cilonio nemmeno: dunque da quello che verrà in compartite scene il tutto saprai. Per or' me 'n vo a respirar le mie deliziose piante.-Egli se'n va solo ormai mi lascia svegliami.

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SESSIONE XLI.

IN un cesto di rose son io. Che fragranza! Nessuno vicino a me appare: che delizioso istante!

In una picciola valletta sono: dal seno di certi corniali uno, cinto di un bianco cerchio, verso di me dolcemente cantando, si approssima. Eccolo, che sembiante! a misura che si avvicina, i lumi miei di dolcezza chiudono. In un sonno sono: che tranquilità! par che una mano mi eleva: che misto di piacer! ora riposo: che aure deliziose, quasi fuor di me, respiro!

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Se non mi abbaglia il sonno; se illusione non è; due voci che insieme cantano, parmi sentir: che soavità: che Zeffiri! eppur aprir i lumi miei non posso. Ora uno, vicino a me, par che mi dica; Senti quel canto e quelle aurette che intorno a te respirano? sono le voci di Erinnia e di Timi Dafni, che separati dal rio cantano. Quell' aure sono di quella valletta, amena che divide i due boschetti: colà dovevi in questa sera entrare, e in compartite scene vedere li deliziosi oggetti già nell' altra Sessione proposti: ma siccome Cesare è turbato da tre giorni e più, quello basta perchè egli per ora conturba per mezzo suo, anche l'oracolo. Io ti vorrei destar le pupille, ma tanto poter non ho. Posso bensi avvicinarti un poco più per sentir il cantò, ma nulla vedrai: che disgusto, misto di piacer, in quest' istante io provo.

Che melodia! parmi alla voce sentir Egeria. Quasi rapir mi sento: scerno le parole, benchè nulla non veggio: eppur sicuramente io son vicino all' olmo: perchè sento a mormorar il rio: sento Melibeo: sento la cetra: ora commincia il duetto: quanto è prezioso: che voci angeliche!

Ora si allontanono: da quel che sento, Timi Dafni lascia l' olmo, e in compagnia di Melibeo va altrove: che infelicità non vederli partire?

Tutto è tranquillo: non lungi di quà sento un mormorio: a quella volta par che guidato sono. Commincio scernere li accenti: sento nominar Milinto. Sento chiamare per nome Argos. Un altro che lo chiamano Don Fastidio.-Fra questi sento nominar Cilonio, Che confusione!

Essi fanno consiglio, ma non li sento bene: nominano delle gemme: nominano Melibeo. Timi Dafni ancora: cosa mai sia, indagar non posso. Ora mi sento guidar altrove. Che freschetto! umidità non sento: che pena non poter aprir le pupille per scorgere tutto!

Sento vicino a me una ninfa che si lamenta della sua perduta cerva. Essa parla in versi; ol Dei, che deliziosi versi! Quasi l'armonia mi rapisce i sensi, ma pronunciarli non posso: il perchè, non so. Quasi il sonno mi tiene fra le delizie de' miei sentimenti oppresso. Essa, in fine de' suoi versi, esprime il suo nome in questa guisa :

"Infelice Ergene dove ne andrai!

Poco lungi sento un cacciator che insegue una belva: da quel che capisco, egli ha scoperta quella ninfa chiamata

Ergene. Egli parla solo. Il suo nome non lo sento: ma lui, per quanto mi sembra dalli accenti suoi, sospetta che quella ninfa sia la sua bella Ergene: ma avvicinarsi per ora non puole, perchè li dividono certe boscaglie. Anch'esso parlando solo discorre in versi, eppure scriverli non posso: egli seguendo i passi della ninfa cacciatrice finisce i suoi versi così:

Palpitar mi sento, ah se fosse lei
Il più felice dei pastor sarei.”

Sento di nuovo trasportarmi altrove: quasi in discesa andiamo: un' altra volta sento Timi Dafni, sento Cilonio. Sento il nome d' Erinnia: sento Timi Dafni che sprezza in versi, rispondendo a chi non sò, i doni che l'offrono per corromperlo. Che sodisfazione per me.

In alto, parmi che andiamo: se non m'inganno, in un boschetto sono. Sento Melibeo solo: egli si lamenta di aver perduto Timi Dafni suo caro amico confidente, per aver voluto inseguire una capra troppo lontano. Così sono i semplici suoi lamenti:

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Ora sento un' altra voce, ma femminil mi sembra. Ora sento il nome, il quale è Egeria: da quel che comprendo, essa va cercando Erinnia: Melibeo cerca Dafni. Ambi unanimi sotto l'olmo siedono: che singulti: che accenti! or

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