partono lamentandosi tutte e due insieme per l' istessa causa cantando in versi. Ora s' inoltrano nella selva vicina: più non li sento. Quello che non vedo, e che nel cesto di rose mi guida, mi dice che la Sessione scorsa, con questa, e con un'altra che verrà, non formeranno che una Sessione, ma la bella, la più graziosa, che alcun oracolo, abbia mia scritta: ivi mi dice vedrai e conoscerai quello che credibile non è: ma per giungere a questo, bisogna che Cesare tranquillo sia. Sino che conturbato resta, i lumi suoi non potranno mai percorrere questo delizioso spazio onde scernerne il preggio, e godere l'aure felici di chi li guida. Egli mi lascia al suolo: pesar mi sento più resister non posso: abbandonato sono: svegliami. SESSIONE XLII. ORA mi accoglie. Quanto è sereno. Che sembiante! Nel suo grembo sono: con che velocità seco mi attrae! Con che veemenza andiamo! Commincio scorgere il placidetto rio: all' olmo siamo. Nessun non veggio: tutto è tranquillo. Esso mi dice che Timi Dafni e Melibeo, per tema di quello che suonava la tartaruga, sono andati in una picciola valletta non lungi di là ; e vicino a un limpido ruscellin in breve li vedremo: ma che pria conviene andar sentire il consiglio delli quattro, che in cima di un monticello stanno. Giunti noi siamo: che boschetto ombroso! Essi sono già nel centro. Commincio sentire la voce di Cilonio. Ora ci nascondiamo sopra una folta noce, e di là scorgeremo quanto basta. Eccoci, che ombretta! Ora la sento con molta chiarezza: quello che venne coll' globo trasparente si chiama Argos: quello della cassetta si chiama Milinto: il gobbo si chiama Don Fastidio. ARGOS, (dice a Cilonio.) Tutto è in vano: presago fui: non v' acconsentij ; tutto volesti, e poi dimmi che riuscisti? Parla; rispondi ! CILONIO. (risponde.) Pur troppo è ver: male si accordano le pastorali vesti, quando uno visse soggetto al lusso: finsi, g g ARGOS. CILONIO. ARGOS. suonai, al natural sembravo: eppure, quelle due ninfe, cosa fu non sò, quasi turbate lungi da me fuggirono, da sotto l'ombroso olmetto, con quel pastore, il mentito, e a me prediletto Melibeo, anch'esso confuso fuggì col favore d' una semplice nubbe, altrove. Cerchai colle lusinghe del mio strumento avvicinarmi a loro; eppure, o che scoperto fui, o che il pressentimento fosse, ambi fuggiti sono: dunque— Se il progetto in mio poter ne lasci; quel che a te un ostacolo fu, facile in me vedrai. Tutto rinuncio: ma pria saper vorrei dai tuoi talenti il concertato piano. Io dell' astronomia qualche lume conosco: quello che vedi, sotto al globo, grand telescopio, e quel altro istrumento che vicino sta: quelli saranno la base principale per ingannare il pastore che la cetra suona, e rapire Melibeo: ma conviene che Milinto ancora i miei consiglj segua. Egli tiene delle gemme: in molte di quelle vi sono incisi diversi eroi, parte della mitologia. Queste serviranno per corrompere Timi Dafni; oltre di ciò Milinto deve fingersi geometro vedi quel compasso, quella gran carta? Quando saremo vicini ai due pastori, mi ponerò da un lato ad osservare coll' telescopio il cielo: non lungi di me Milinto, misurando con quel compasso la carta, variee linee, le pianette che sono nella carta MILINTO. impresse: e poi formeremo, coll' mezzo di quei vetri piani e convessi, con quel specchio che abbiamo, una camera oscura; anche che sia in parte falsa, non importa: sarà bastante per adempire quanto si brama: e quando per la curiosità il pastor Timi Dafni verrà a noi vicino, sarà mia la cura con questi mezzi a condurre il suo pastor Melibeo nella rete. Più bel progetto mai credo che alcun politico invento: DON FASTIDIO. (facendo mille buffonerie.) CILONIO. ARGOS. MILINTO. Ed io, per cosa sono: perchè tengho la gobba, non dovrò Basta, anche per te qualche impiego vi sarà: (e poi dicendo a Argos) Il tutto approvo; ma se il caso si dasse che Melibeo lungi dal suo amico, entro nel boschetto andasse, le tue specolazioni vane sarebbero: più cauti dobbiamo andar. I tuoi sentimenti approvo: lasci che un solo istante rifletti, e poi saprai. Che uomo di merito! DON FASTIDIO. (a parle.) Una saetta che lo pigli: tutto pensa per lui, e per me un fico. ARGOS. (a Cilonio.) Ho già deciso: mentre che io con Milinto, andremo CILONIO, MILINTO. ARGOS. in traccia di Melibeo, tu seguirci devi unito a Don Fastidio in lontananza: se vedrai che insieme a Timi Dafni vicini saran', non servono altri secreti! ma se poi, oppure nell' istante che noi cerchiamo d' ingannarlo, egli partisse, inseguirlo non conviene: allor, quando lo vedrete allontanare da Timi Dafni, dovete ambi vestirvi con quelli due ripezzati e rustici abiti con un sacco per uomo; fingervi professori di bottanica, e andare all' opposto del boschetto erborisando, per non darlo sospetto: e quando lo vedrete in un angolo, se l' amor di belle parole non servono, giovi la forza: così rapirlo dovete in qualche vicina capanna rural: necessario è! m' intendesti? Il tutto comprendo: contento sono: l'ora ormai è tarda animo! si cangia le spoglie. Pronto sono. Anch' io. DON FASTIDIO. Che barba da capron che tien colui: non la cambierei colla mia gobba per tutto l'oro del mondo. (Mentre si preparono, mi dice che anderemo veder Timi Dafni e Melibeo: ora partiamo: ora li vedo: che valletta deliziosa! Timi Dafni sta accordando la cetra a sedere sopra un sasso che sta mezzo nell' acqua di un ruscellino: non lungi di lui vi sta Melib e o che tiene un piatto di legno fatto |