April 15, 1795. SESSIONE XIII. IL Poeta astratto, il dissi; Delle lettere del canestro ne brameressimo la spiegazione; onde, dopo varie dimostrazioni di compiacenza, prese il lapis e scrisse Una vegg' io Che dalle membra Yella mi sembra Suona si dolcemente Ma il pargoletto infanle Ch'è l'Innocenza islessa Così gentil si appressa Che consolar mi fà La consolazion più dolce Che mi fu godere L alma rapir mi và Per un solo istante, mi dice, aspetta, e poi vi sarà una grande illuminazione, e là vedrai - Ora sono nell' antro, della grotta, no: ma della oscura galleria: però non posso entrarvi sino che il Genio di Minerva non venghi colla sua face della virtù illuminarla; fra cinque minute verrà― Sospese per un tempo. Oh Dei, che belle colonne! cinque dive cominciano; ma questo non serve il Genio. Mentre che le dee trastullano tra loro, esso mi guida in un angolo a parte, dove vi sono varj monumenti; ma quanti sono? Ivi Cleopatra, ivi Artimisia, ivi Tomiri, ivi Ciro il Minore, e varj altri, che per la troppo illuminazione sono quasi confuso. Ora comincio vedere il canestro: ma perchè sta un poco rovesciato, vi vuole della pazienza per discernere le parole, e mentre starò ad esaminarle, tu ne farai un poco di musica. Nota, Con un organetto che avevo in camera si fece della musica per un certo tempo; riprese poi il lapis, e seguitò a scrivere. La scrittura è in lingua Greca litterale; la quale per tradurla, mi dice il Genio, sarà un poco lunga. DELLE LETTERE DEL CANESTRO SPIEGAZIONE. Essendo diviso il triumvirato, Marcantonio venne nell' Asia Minore per ricevere li omaggi di quella parte del regno che li toccò. Arrivato a Tarso, tutti quei popoli malcontenti, vennero a suoi piedi per lamentarsi de' loro principi sovrani. Fra questi vennero dei deputati dall' Egitto per lamentarsi contro Cleopatra. Questa regina avendo saputo questo, pensò bene di andare in Tarso a giustificarsi in persona. Onde partì con sette galere a tre, a quattro, a cinque, e la sua a sette ordini di remi. Lei si vestì in figura di Venere. La poppa della gallera sua era adornata di cento e sessanta fanciulli che non sorpassavano l'età di dieci anni, tutti vestiti come tanti genj. Altre tante fanciulle della istessa età à guisa di ninfe. Con le vele di porpora giunse in Tarso. Marcantonio, che si trovava con molte legioni di veteranni, al vedere questa mai veduta meraviglia; nel momento che la bella Egiziana scese, nei cuori di Marcantonio e di tutta l'armata, le accuse erano già perdonate. Tutti i veteranni unanimi gridarono Venere è questa, Venere è questa! Dopo quel istante, Marcantonio, tanto più colpito della sua bella presenza, fece un grand convitto, in dove all' istessa cena Cleopatra, per far vedere che lei era più grande delle sontuose Romane, distaccò dal seno una sola e unica nel mondo preziosa perla, e la pose in un bicchiere con-del licore, il quale era l'aceto antisceptico, e liquefatta, la bevè. Marcantonio, trasportato dalla generosità e dall' amore, si vestì da contadino, e andiede tutta la notte a mischiarsi fra il popolo il più dissoluto. Cleopatra avendo saputo questo, anch' essa per eguagliarlo, si vestì da contadina Egiziana, e andiede tutta la notte a far lo stesso, benchè un poco più onestamente. Marcantonio informato di ciò, per osservarla, compiacciutosi, che si avesse voluta eguagliare a lui, la fece dissegnare, e poi scolpire dal famoso scultore Policlete, pronipote di quel Policlete che visse 232 anni prima di Cristo. Dopo di questo fu la statua posta così singolarmente vestita, nel tempio di Cerere, il qual tempio esisteva nel foborgo della città di Tarso. Vedo altre picciole scritture, ma a causa che sono fra il margine delle ruine non le posso bene discernere. Il genio mi dice che per un certo tempo non verrà, e che parte per rivveder la Fortuna. Mi dice però di non conturbarmi. Se ne và. E gettò il lapis, onde il risvegliai. Fin qui siamo stati in ogni domanda esauditi, benchè in cose di semplice curiosità. Questo sorpassa l'umana imaginazione! già, da tempo, ci siamo persuasi di questa presumibile communicazione col cielo. Averebbe dunque a finire il mondo per noi nel piccolo circolo del intendimento umano? Io no! Non mi lascio sgomentare! Gli effetti si vedono e non hanno d'esser veri perchè tengono al prodigio? Se tutto il mondo è prodigio? No, non ne voglio altre prove: voglio andare in traccia di Agnese Chi è dunque Agnese, domanda Avena? Agnese, io risposi, fu il mio primo amore : ma mori sull' fior degli anni suoi: nell'età di dieci sette anni e sette mesi, mori. Ma non morì, per così dire, ma fu rapita dalla morte, senza malattia apparente, e senza causa a me compartita, Agnese morì. E cosa tragica, il pensarci; te ne farei il racconto, ma che poco interessano agli Giovani le passioni già degli vecchj. Sono fuori di stagione. Dica, dica, disse Avena: e gliene feci il racconto, STORIA E CATASTROFE DI AGNESE. AGNESE, anzi Agnese Antonia, di tre sorelle la più giovine ; belle tutte e tre, anzi bellissime, ma di bellezze diverse. Agnese dunque nacque li 28 Decembre 1744 a Larnaca, picciolo villaggio, benchè residenza de' Consoli Europei, nell' Isola di Cipro, già sotto il dominio Turco. Fu mia sorte di sbarcare alle Saline, cioè, alla marina di Larnaca, il primo dì di Febrajo 1760, e d' esser tosto condotto al Consolato Brittanico, ossia l'abitazione del Console, ove stavano unite queste belle, per felicitarci del nostro arrivo. Dico nostro arrivo, perchè stavo in compagnia del nuovo Console, e al entrare nel giardino ove tutto fioriva, ci veni. vano queste tre belle ad incontrare. Fui rapito! avevo ben inteso dire delle tre Grazie, e dell'aria imbalsamata di Citera, e di Venere, e di Amore, e di mille altri incantesimi di questa famosa isola, tutto, ora mi pareva realizarsi nella scena presente! Mai avevo sentito transporto di questa sorte. La prima di queste sorelle, Francesca avea nome, era già sposa del console reggente: la seconda, Lucrezia Theresia, divveniva sposa per corrispondenti affetti del console nuovamente eletto, E la terza, Agnese Antonia, dell'età di quindici anni e un mese, formando precisamente l'idolo del mio cuore, restava ancora a vincere, e con giustizia sia detto, per quanto alla sincerità della mia passione, che mai di vincere sua bella fu amante più degno di me. |