Aprile 18, 1795. SESSIONE XIV. ASTRATTO, il proposi, Un rimedio per il tuo mal di dente? E scrisse. Per il mio eccessivo mal di dente, il primo rimedio si è, che devi sempre farmi il piacere di magnatisarmi colla tua mano. Sento che a misura che il calor va crescendo, il dolor manca. Il secondo rimedio si è, il sal d'Esculapio, ch'è il sal commune. Mettendolo sopra il dente s' acquieterà. E per farlo finire bisogna tenere in bocca dell' olio d'oliva, sino che fermentandosi divenga bianco. E poi, per l'estremo dolor di dente, ci vuole dell' aceto de' quattro ladri di Marsilia: una volta di quel aceto, e l'altra volta sale d'Epsom mischiato col sal di cremor di tartaro. Tutti li altri rimedj sono imposturi. Chi mi dice questo è il Genio d' Esculapio, il quale, in compagnia di un altro Genio che ho mai veduto, mi dettò tutti questi non conosciuti dagli medici remedj riguardo alli denti. Il Genio d' Esculapio mi dice e mi parla in questi termini: Perchè tu sei un anima eletta, cara agli Dei, io ti voglio guarire! Ora mi tocca, e poi se ne andrà. E però, mi dice che l'altro Genio, incognito a me, resterà per condutmi in un luoco cinque miglioni e sette cento mille miglia lontano da qui. In qual luoco non sò. Fra dieci minuti partirò. (Nota. Qui sospese circa dieci minuti.) Sono già sopra a Giove. Ora, oh Dio! quanto veloce! in quasi sopra Oràno. Temo che morirò. (Nota. Paventai, e il dissi, Sentite dolor?) No, dolore non è, ma l'enorme distanza: quel che ti pregho si è di non disturbarmi: presto passerò la regione del fuoco, e poi sarò fra l'alme immortali, nel regno de' beati. O Dei, immensi Dei! perchè sì bel luoco ? mi risponde il Genio, Sì, questo è il luoco della verità, dell' innocenza. Ora mi conduce nel circo dell' anime vergini. O Numi, che soavità respiro! Vorrei annunciarti le divine bellezze, ma il Genio mi risponde che tal narrazion non lice. Dirò sol che vedo Diana, Effigenia, Dina, cinque Vergini Vestale; fra queste veggio un' anima che ti adorò: è tanta bella, che il suo raggio mi rapisce. Ella desidera parlarmi. Sì, mi dice, Baldvino regna ancora in me. Vedi quel luoco che preparo per la sua futura felicità? Quest' altro, poco distante, si prepara per te! le vostre bell' anime, benchè erano così distanti l' una dall' altra, e pure mercè le mie preci, vi ho ridotti di convivere insieme; perchè sono sei anni che in questo empirèo si vanno radunando i genj eletti. Fra questi ne domandai de' nomi, ove seppi che il tuo e quello di Baldvino dovevano dopo morte godere insieme una eterna felicità. Per questa ragione, avendo conosciuta che nè l' uno nè l'altro non sarebbe mai stato felice, se non avessero vissuti insieme per questo io stessa feci guidare la tua inclinazione in maniera tale che ora sei con lui in compagnia. Io sono quella che ti ho spedito questo Genio, senza del quale non ti saresti fatto magnatisare, per causa che il Genio della Fortuna ti disse che artiva per qualche tempo. Dì pure al mio diletto Baldvino che qualunque cosa che lui farà per te, sarà sottoscritto in cielo. Che io so che quando che la Fortuna tornerà, li deve fare de le proposizioni per rendersela amante. Dilli da parte mia che lui deve fare tutto quello che li prescriverà, che io di ciò ne sarò consapevole, e sarà felice. Ora mi prega di scrivere un Ottava per dipingerla in versi nel luogo felice che lei si trova. OTTAVA CELESTE. Nel circo d'amor mi apparve innante E lasciando cadere il lapis, tosto il risvegliai. Dunque in merito del mal di dente di Cesare si ottenne anche la bramata nuova della beata Agnese. Va bene! e a me impone dei riguardi verso Cesare acciocchè la macchina in tal guisa bilanciata, vadia il suo corso con più spontaneità. Chi serve l'altare deve vivere dell' altare. Per me sempre grate mi saranno le prescrizioni di Agnese. Troppo felice l' uomo di conservarsi a questi patti le beneficenze del Cielo. Qui poi è rapito il Poeta istesso in Cielo. E si dirà che non si communichi coll' Cielo? Volesse Dio che ogni dì me ne riportasse di queste prove. Che Ottava veramente celeste! Dopo alcuni giorni poi, volevo sapere della comparsa di Agnese in Acri; che su questo proposito in particolare me ne dicesse qualche cosa; ma Cesare non si prestava niente alle mie premure. Alli 23 di Aprile poi supplicandolo vivamente, mi disse, Fatemi dunque della musica; che io d'accordo promettendo, consentì. Aprile 23, 1795. SESSIONE XV. ONDE, al suono della musica, Yella convertita in organista, si magnetisava, ma non con il solito determinato effetto. L' aria terminata, Yella, credendo di far bene, cambiò in un' altra aria, ma Cesare ne voleva la continuazione della prima, si piccò, Yella non li dava retta, Cesare si disgustava fortemente; il magnatismo non può patire disturbi! Si riprese la prima aria, Cesare si quietò. Tornai a proseguire, ma io stesso conturbato non auguravo che male del esito della Sessione; perseverai nonostante, e finalmente assopito, scrisse Ma cosa scrisse? Scrisse delle cose che nemmeno le volevo copiare se non s'è per avere un ricordo di quanto son gelose le operazioni magnetiche riguardo alla tranquillità e alla pace. E per dare a conoscere quanto più s' inciampa nel disordine volendo, in mezzo alla discordia, proseguire coll' magnatismo, il quale non può aver luoco che nella concordia e colla pace. Onde per servire di regola, e per non mancare all' integrità della nostra narrazione, ecco quello che scrisse, cioè Erò già nell' antro per ritornare nel luoco desiato; ma una diva mi si presentò tutta piena di ruvide spine. Dovendo io passare in un luoco angusto per indi inoltrarmi nella sala delle visioni, e poi passare nella galleria delle statue, ove mi aspettava il Genio della tua Prediletta, fui tutto sgraffiato, e malamente maltrattato da quella da me sconosciuta diva. |